La storia di Tommy è uno degli esempi più gravi di malasanità italiana. Il motivo è abbastanza semplice: il piccolo, di soli 9 anni e attualmente impegnato a frequentare non senza difficoltà la terza elementare di una scuola pubblica milanese, ha necessità di un insegnante di sostegno e della costante presenza della madre, senza la quale Tommy non riesce a relazionarsi correttamente con il mondo che lo circonda.
“Mio figlio è un bambino intelligente come tutti gli altri. Ma è chiuso in una gabbia. E in questa gabbia ci sono anche io” – ha dichiarato la madre durante un’intervista concessa all’edizione milanese de La Repubblica. I genitori di Tommy si sono rivolti nel 2013 al tribunale di Milano per domandare al Ministero della Salute il riconoscimento di un vitalizio per il proprio bambino, divenuto autistico dopo il vaccino esavalente.
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Il tribunale ha dato ragione alla coppia, con una sentenza non certo priva della capacità di scaturire le giuste polemiche: la sentenza ha infatti stabilito che il medicinale è una “causa probabile” della patologia. Quanto basta per solleticare la possibilità di indurre a un risarcimento a vita.
“Il nostro obiettivo non è quello di abolire le vaccinazioni” – spiegavano i genitori – “ma quello di sollecitare più cautela sul tema”. Ma come si sono accorti, i genitori, delle triste conseguenze? “I primi sintomi si sono manifestati dopo che ha compiuto un anno: ha smesso di giocare e di guardare negli occhi. Quando lo chiamavamo per nome, spesso non rispondeva” – ricordano i due genitori, risalendo agli albori della patologia, nel 2008. “Dopo una diagnosi di autismo, la vita di una famiglia è sconvolta a 360 gradi. Tutto inizia a ruotare intorno al bambino e a come aiutarlo. Non ci sono terapie che valgono per tutti: è come se si dovesse confezionare un vestito su misura” – ricorda ancora la madre che, per stare vicino al figlio, ha dovuto lasciare la propria carriera di avvocato.
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La decisione di rivolgersi al giudice non è stata certamente facile. “È stato un percorso lungo, durato oltre tre anni. Ora dovremo decidere se intentare anche una causa civile: è possibile, anche se la battaglia giudiziaria non è la nostra priorità. Non facciamo parte di associazioni o movimenti, non diciamo ‘no ai vaccini’ a priori. Noi chiediamo più cautela. Per noi l’ipotesi più probabile è che nostro figlio, dopo le tre dosi di esavalente, abbia subìto uno shock immunologico che ne ha destabilizzato l’organismo. Per questo vorremmo che si ampliassero gli screening neonatali: si potrebbero individuare i bimbi con deficit immunologici e ritardare le vaccinazioni. Non solo: perché non modificare il calendario e, per certi vaccini, aspettare i 36 mesi, quando i bambini sono più forti?” – precisa ancora la madre durante l’intervista.
Intanto, il bambino viene seguito settimanalmente da un’educatrice e da uno specialista della Neuropsichiatria. Il futuro non è certo nè semplice da progettare. Dall’autismo non si guarisce – ricorda la madre. “Ma io rispondo ‘vedremo’, perchè mio figlio è combattivo. Il suo motto è ‘alzati e combatti'”.