La cultura? Questione (anche) di geni. Quelli trasmessi dai genitori ai figli che poi vanno “accesi” con l’educazione. Un team di scienziati ha dimostrato l’esistenza della ‘cultura genetica’, in cui geni che non sono trasmessi direttamente dai genitori ai figli possono però influenzare le caratteristiche di un bambino. I risultati della ricerca, pubblicata su ‘Science’, suggeriscono che i geni che incidono sul carattere possono in effetti, in un certo senso, essere ‘passati’ dai genitori ai figli senza una trasferimento genetico diretto. Contraddicendo così l’interpretazione di molti studi genomici, che legavano questi tratti esclusivamente alle variazioni genetiche ereditate. Ebbene, nel dibattito ‘natura contro cultura’, questa ricerca sembra segnare un punto per la seconda. (Continua dopo la foto)
Come riporta Adnkronos, la ‘cultura genetica’ non solo gioca un ruolo importante in tratti come il livello di istruzione raggiunto, l’età del primo figlio, ma anche i livelli di colesterolo cattivo e il numero di sigarette fumate, spiegano i ricercatori. Lo studio, firmato dal team di Augustine Kong dell’Università di Oxford e dell’azienda deCode genetics, “dimostra che non solo geni e cultura spesso lavorano mano nella mano, ma che la cultura ha una base genetica. Per una frazione della sua vita l’essere umano è quasi completamente dipendente dai genitori per la sopravvivenza, e dunque non dovrebbe essere una sorpresa che i geni evolvono per avere un’influenza più ampia attraverso la cultura”. (Continua dopo le foto)
Lo studio si basa sul patrimonio unico di risorse genetiche di deCode in Islanda. “Comprendere la funzione del cervello resta una grande sfida per genetica e biologia. Identificare le varianti che contribuiscono alla cultura può essere un passo avanti importante per comprendere come funziona il nostro cervello e capire cosa ci rende umani”, spiega Kari Stefansson, Ceo di deCode.