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Gravidanze gemellari monocoriali, i rischi della sindrome da trasfusione gemellare

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All’interno di un utero materno può impiantarsi e svilupparsi più di una vita. In questi casi, la gravidanza assume una delicatezza ancora maggiore, che richiede una specificità e una peculiarità ulteriore. Quando si avvia una gestazione comune, ovvero quella in cui la mamma porta in grembo solamente un bimbo, la dilatazione dell’utero è infatti “ordinaria”. Quando invece si sviluppa una gravidanza gemellare, la dilatazione aumenta in maniera considerevole.

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In aggiunta a quanto sopra, in una gravidanza gemellare si assiste a un apporto di sangue attraverso la placenta maggiore, così come maggiore sarà lo sforzo cardiocircolatorio a cui la mamma viene sottoposta (anche solo per il maggior peso che si deve trascinare tutto il giorno!). Insomma, una pancia con due “ospiti”, per quanto gradevoli, può comportare qualche pizzico di attenzione aggiuntiva.

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Un ulteriore aspetto di cautela deve essere ricondotta alla c.d. “sindrome da trasfusione gemello-gemello”. Ma di cosa si tratta?

In linea di massima, i gemelli che condividono la stessa placenta vengono definiti “gemelli monocoriali”. La placenta monocoriale è contraddistinta dal fatto che possiede numerose connessioni vascolari (le anastomosi), che possono mettere in comunicazione la circolazione sanguigna tra i due feti. L’equilibrio creato può tuttavia essere rotto, in maniera tale che la placenta unica dei gemelli monocoriali vada a sbilanciarsi determinando un non corretto passaggio di sangue da un gemello (donatore) all’altro (ricevente) e contraddistinguendo dunque la sindrome suddetta.

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La condizione che viene così a formarsi può mettere a serio rischio la vita dei gemelli, visto e considerato che il donatore potrebbe non crescere bene e il ricevente subire gravi conseguenze per l’eccessivo apporto di sangue. La complicazione non è comunque molto frequente (fortunatamente, interviene in circa il 10% dei casi dei gemelli identici) e può essere diffusa principalmente nel corso del secondo trimestre.

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Pertanto, al fine di evitare complicazioni molto pericolose, il consiglio è quello di qualificare quanto prima i gemelli che vivono nel grembo materno, e procedere a una corretta diagnosi di corialità, ovvero l’identificazione del numero di placente nel grembo (di norma viene effettuata attraverso una ecografia entro la 14ma settimana della gravidanza).

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Si tenga infine conto che la sindrome può incidere negativamente anche sulla crescita dei gemelli, che con il passare delle settimane potrebbero dar luogo a serie discrepanze in termini di sviluppo, divenendo dunque visibile nei feti differenti grandezze. Parlatene con il vostro medico di fiducia per ottenere tutte le opportune rassicurazioni.

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