Gli angoli della bocca rivolti verso il basso e gli occhi verdi, taglienti, sempre tristi hanno spesso tradito la depressione che l’ha accompagnata per tutta la vita. Le ferite nascoste della sua esistenza non sono mai passate inosservate, ma nessuno ne conosceva i dettagli, fino al giorno in cui ha deciso di raccontare tutto allo scrittore Christophe Bataille, per firmare a quattro mani “Io, Charlotte Rampling”, appena uscito in Italia.
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Lontano dal genere “memorie da star”, nonostante i tanti film importanti che l’attrice ha interpretato in cinquant’anni di carriera – fino all’ultimo “45 anni”, che le ha fatto vincere un Orso d’argento al Festival di Berlino e le ha procurato quest’anno la sua prima candidatura agli Oscar come migliore attrice -, la sua autobiografia è un condensato di verità che svela l’infinita tristezza, legata al suicidio della sorella.
Sarah, bellissima e fragile, legata a Charlotte nell’infanzia da un rapporto strettissimo, si tolse la vita nel 1966, a 23 anni, dopo essere diventata madre. Questo ha provocato nell’attrice, di tre anni più giovane della sorella, un dolore profondo che è diventato depressione. Finché, nel 2001, la morte della madre e il ricovero in una clinica psichiatrica di Londra le hanno dato la forza di uscire allo scoperto, raccontando il suicidio di Sarah ed elaborando il lutto. Da qui, la nascita del libro.
La Rampling si racconta con molto pudore:“Contrariamente a quello che ho deciso di fare con il mio corpo, che ho messo tante volte a nudo, sono una persona estremamente segreta”.
“Qualche anno fa, in piena notte, ho ricevuto un sms da mio figlio David (avuto dal secondo marito Jean-Michel Jarre, ndr): I’m sitting beside Sarah, mi diceva. Si trovava a Buenos Aires, aveva cercato e trovato il figlio di mia sorella, che non avevo mai avuto il coraggio di andare a conoscere”.
“Avevo vent’anni quando, tornando a casa, mio padre mi venne incontro in giardino per dirmi in maniera brutale che la sorella con cui avevo vissuto in simbiosi fino a poco tempo prima era morta. Solo anni dopo ho saputo che si era suicidata, dopo aver messo al mondo un bambino prematuro. Quel bambino, cresciuto, era con David quando mi scrisse l’sms, insieme nel cimitero dove era sepolta mia sorella”.
“Ho ritrovato mia sorella solo quella notte, solo allora ho rivisto la nostra infanzia e tutto quello che ho vissuto con lei. Solo allora ho potuto riappropriarmi di Sarah. Il dolore mi aveva impedito di fare qualsiasi movimento”.