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Cancellata dalla foto di classe, tutte le scuse per “farla fuori”. La brutta storia di Lara, una ragazza di 17 anni

 

Vuole ritirare la foto di classe, di quelle che si fanno ogni anno, a fine anno scolastico, ma quando arriva a scuola per prendere la foto scopre che sua figlia, nella foto, non c’è. “Forse non era presente quel giorno” le risponde il preside. Ma così non è. Ecco cosa è accaduto a Lara, una ragazzina di 17 anni.

(Continua dopo la foto)

 
disabile

 

La verità è che Lara, questa ragazza di 17 anni è una ragazza disabile ed è stata sempre tenuta da parte. Con le scuse più diverse. “Nel percorso scolastico, fatto finora da mia figlia – racconta all’Alto Adige mamma Daniela –  la famosa integrazione non c’è mai stata. E il fatto che Lara non fosse su quella foto, assieme agli altri, ne è la conferma. Troppi ragazzi come mia figlia sono messi in disparte e ciò non è né giusto né corretto”.
La ragazza ha difficoltà motorie e cognitive: fin da piccola la famiglia ha cercato di insegnarle che, coi suoi tempi, può fare tutto quello che fanno gli altri compagni. Ma non è questo l’insegnamento della scuola, evidentemente!

scuola-disabili

Il primo anno, quando non c’era l’insegnante di sostegno, non poteva stare in classe con i compagni perché, a detta dei professori, c’erano troppi ragazzi non adatti a lei. Il secondo anno le rispondono che la  ragazza non può fermarsi in classe, perché gli insegnanti non se la sentivano e comunque si sarebbe annoiata. Ma la migliore scusa è stata che i compagni erano in un’età difficile e non sarebbero riusciti a comportarsi in modo tale da stare assieme a lei. “Forse, mi dico – continua la madre di Lara – gli insegnanti avrebbero potuto insegnare a questi ragazzi un po’ di umanità e senso civico”.
Il terzo e ultimo anno, scrive l’Alto Adige, la famiglia riesce ad ottenere qualche ora in classe con i compagni, ormai però è troppo tardi. E al momento della foto nessuno è andato a chiamare Lara

Lara esclusa da sempre dal gruppo è in difficoltà e va in crisi. Finalmente comincia lo stage, ma il gruppo rimane invariato: disabili da una parte, ragazzi “normali” dall’altra. “A fine scuola mia figlia è stata male e per più giorni mi ha chiesto sempre la stessa cosa: “Mamma, non devo più tornare lì, vero?”.