Anderson, il suo piccolo cucciolo, ahimè venuto al mondo con la trisomia della ventunesima coppia, meglio nota come sindrome di Down o, volgarmente, come “mongolismo” per la somiglianza della facies tipica degli individui che ne soffrono con i caratteri somatici del volto dei nativi della Mongolia, oltre a questo problema soffriva anche di un disturbo cardiaco per il quale necessitava di un delicato intervento chirurgico. La lettera di questa mamma al dottore che ha operato e salvato suo figlio.
Una mamma al dottore: lettera al cardiochirurgo che ha operato suo figlio
<<Non mi viene in testa nulla di più terribile di un chirurgo al quale tocca il compito di aprire un cuore, quello del tuo bambino. Però, per fortuna, tutto è filato liscio ed il Dr. Nigro si è dimostrato molto sensibile con noi. Quando ho fatto rientro a casa dalla struttura ospedaliera e mi è rimasto il tempo per pensare a quanto aveva dovuto affrontare il mio piccolo Anderson, mi ha assalito la gioia per il cambiamento che avevo avvertito in lui e ci tenevo a mettere a conoscenza di tutta l’equipe medica della mia immensa gratitudine nei loro confronti>>.
E’ a questo punto che Jillian decide di render nota al dottore che più aveva contribuito alla buona riuscita dell’intervento chirurgico la sua immensa gratitudine.
<<Non avevo intenzione di incontrare te. Nutrivo del disappunto perle quasi tre ore impiegate per venire al tuo studio. Mi era stato riferito che il problema cardiaco del mio Anderson non necessitava di alcun intervento chirurgico per essere curato. Poi, però, in un istante scoppia la bomba e questo scoppio spinge mio marito e me nel tuo studio, pochi giorni dopo. La mia domanda improvvisa: <<Vi è mai capitato di perdere un bambino per un intervento cardiaco simile a questo?>> <<Si>>, è stata la tua risposta, mentre rivolgevi lo sguardo in basso <<è accaduto ad una bimba, anch’essa con la sindrome di Down, una fra svariate migliaia, ha fatto rientro a casa sua ma poi è finita nel sonno>>.
Nonostante questa terribile morte fosse accaduta più di dieci anni fa, si sarebbe detto che l’evento gli procurasse ancora del dolore. Ma quello è stato proprio l’istante in cui compresi che tu saresti stato l’unico. Quando venne il momento dell’intervento tu ti accorgesti che io mi stavo commuovendo e, porgendomi un fazzoletto, mi rincuorasti e poi salvasti la vita di mio figlio. Questo è ciò che tu fai: salvi la vita dei nostri figli>>.