Il tampone vaginale si effettua grazie all’ utilizzo di un tampone di ovatta posto all’ estremità di un supporto a forma di stecchino che lo rende molto simile ad un cotton-fioc, e serve per accertare (o scongiurare, questo è il nostro augurio!) la presenza di eventuali batteri che potrebbero essere all’ origine di infezioni a carico dell’ apparato riproduttivo femminile, e, in dettaglio, la vagina o la cervice uterina. Il termine più appropriato in questo secondo caso sarebbe “tampone cervicale” ma ormai il termine di “tampone vaginale” individua nell’ accezione comune entrambi gli esami diagnostici. Sarà il nostro ginecologo a prescriverci un tampone vaginale in base ai disturbi che gli avremo comunicato ed anche in base alla visita accurata che egli avrà effettuato.
In realtà l’ azione preliminare consiste nella raccolta, tramite il tampone vaginale, della secrezione vaginale. Il secreto raccolto viene in parte fissato su un vetrino da microscopio con alcol metilico per l’ analisi, la restante parte viene stoccata in contenitori appositi per effettuare le relative colture: l’ esame colturale ci dirà se son presenti funghi e/o batteri.
Tampone vaginale: come si esegue il prelievo?
Portare a termine un tampone vaginale è un’ operazione talmente semplice che può essere svolta anche a casa propria, e per questo esistono appositi kit che vengono comunemente venduti in tutte le farmacie. Il prelievo vero e proprio si effettua con il tampone sopra descritto, che viene inserito nella vagina della paziente posta in posizione ginecologia sull’ apposita sedia, fino ad una profondità di circa 5 cm. e che deve asportare sia il secreto vaginale che le cellule di sfaldamento.
Questo esame viene solitamente condotto quando una paziente ha accusato disturbi a carico dell’ apparato riproduttivo come, ad esempio, forme diverse di dolore durante i rapporti sessuali (dette “dispareunia”), oppure bruciori e pruriti e/o difficoltà nella minzione, e quindi si vuole accertare o scongiurare la presenza di infezioni a carico di quella zona.
Tampone vaginale: come si esegue l’ esame?
Innanzitutto occorre sottolineare che l’ esame si svolge in più fasi. La prima operazione è quella di controllare il pH vaginale che, in condizioni di normalità, si attesta a valori prossimi al 4, in quanto naturalmente un pH acido aiuta la zona in questione a prevenire le infezioni.
In seconda battuta una fase che viene definita colorazione di Gram permette di appurare:
- la presenza della quantità fisiologica di cellule e di lattobacilli;
- l’eventuale presenza di che starebbe a significare un processo d’ infezione in corso;
- l’eventuale alterazione della flora batterica;
- l’eventuale presenza di funghi;
- l’eventuale presenza di Trichomonas vaginalis(un protozoo responsabile di numerosi processi infettivi).
La coltura ed il susseguente esame servono, invece, ad appurare l’ eventuale presenza di batteri quali:
- Streptococcus agalactiae
- Streptococco beta-emolitico del gruppo D
- Stafilococco
- Gardnerella vaginalis
- Candida.
Ricordiamo, però, che per appurare l’ eventuale presenza di altri agenti d’ infezione, quali la Neisseria gonorrhoee, la Chlamydia Trachomatis, i micoplasmi, e l’ Human Papilloma Virus è più indicata l’esecuzione di un tampone cervicale.
Se si individua il microorganismo responsabile dell’ infezione, allora il ginecologo saprà esattamente a quale terapia affidarvi, altrimenti, in assenza di riscontri, quindi a esame del tampone vaginale negativo, il ginecologo dovrà necessariamente prescrivere l’ esecuzione di ulteriori analisi, plausibilmente più specifiche ed approfondite.
Tampone vaginale: come prepararsi all’ esame.
Innanzitutto è necessario precisare che l’ esame del tampone vaginale non può essere eseguito se la paziente è in corso di terapia antibiotica, perché quest’ultima potrebbe sicuramente falsare i risultati dell’ esame. Anche in caso di altro tipo di terapie, anche non antibiotiche, sia quelli locali che generali, occorre sospendere il trattamento almeno 3 o 4 giorni prima di effettuare l’ esame del tampone vaginale: anche in questo caso i risultati di tale esame potrebbero venire falsati dalla terapia farmacologica.
Il periodo delle mestruazioni è ostativo alla buona riuscita dell’ esame del tampone vaginale in quanto potrebbe dar luogo a falsi negativi, pertanto l’ esame andrà eseguito alcuni giorni prima dell’ inizio del ciclo o, preferibilmente, per sicurezza, dopo alcuni giorni dal termine del ciclo mestruale.
Evitiamo di utilizzare prodotti per l’ igiene intima del tipo da introdurre in vagina, ma preferiamo i lavaggi esterni, ed evitiamo anche il lavaggio in vasca. Anche l’ astensione dai rapporti sessuali entro le ventiquattro ore precedenti l’ esame del tampone vaginale è assolutamente necessaria.
I medici che procedono all’utilizzo del tampone vaginale procederanno, preventivamente, a fornire qualche utile consiglio alle proprie pazienti. In particolare, sarebbe opportuno:
- Evitare rapporti sessuali almeno nelle 24 ore prime che precedono l’utilizzo del tampone vegetale
- Sospendere eventuali terapie antibiotiche e antimicotiche nella settimana che precede l’applicazione del tampone vaginale
- Evitare irritazioni alla vagina, terapie locali, bagni in vasca nelle 24 ore che precedono l’esame
- Non applicare sostanze di igiene intima nel giorno dell’esame
- Effettuare il prelievo con qualche giorno di anticipo dall’inizio delle mestruazioni, e con qualche giorno di ritardo dalla fine delle mestruazioni
Tampone vaginale e gravidanza.
Si raccomanda, all’ inizio della trentasettesima settimana di gravidanza, di eseguire un esame del tampone vaginale (ed anche un esame del tampone rettale), al fine di individuare l’ eventuale presenza dello Streptococco beta-emolitico di gruppo B (Streptococcus agalactiae o anche SGB), e, eventualmente, programmare l’ adeguata terapia antibiotica per contrastarlo. In realtà non sempre è raccomandata tale terapia, se non nei soggetti più a rischio (membrane rotte con rischio di parto prematuro, ecc.), in quanto rispetto al notevole numero di donne che riscontrano quest’ infezione in gravidanze, solo pochissimi bambini alla fine si ammalano. Ultime ricerche in tal senso sarebbero, comunque, per il trattamento di tutti i soggetti positivi.
In realtà è opportuno ricordare la gravità di quest’ infezione: l’ incidenza non è da sottovalutare (3 casi ogni mille nascite), ed il contagio avviene durante il passaggio del bambino nella vagina durante il parto, ma potrebbe anche essersi sviluppato all’ interno dell’ utero. I problemi al nascituro possono essere gravi (meningite, polmonite, ecc.) o gravissimi (rarissimamente gravi conseguenze permanenti a livello cerebrale). O anche esiziali, ma in questo caso sono esiti più unici che rari. Avviene anche, nel 6/7% dei casi, che i risultati dell’ esame colturale siano un falso negativo (abbiamo visto più sopra quali potrebbero esserne le cause). Anche il parto cesareo non elimina il rischio di un’ infezione da dello Streptococco beta-emolitico di gruppo B.
Ancora, si ricorda che nel caso si stia programmando una gravidanza, o se la gravidanza è iniziata da poco, il ginecologo può comunque effettuare un tampone vegetale per poter verificare che la donna non soffra di infezioni, dovute ad esempio a funghi o protozoi, che possono essere pericolose per la propria salute o per quella del feto. Sempre in ambito di gravidanza, si sottolinea come, intorno alla 36ma settimana, si esegue un nuovo tampone vaginale per poter ricercare altri microorganismi, e in particolare il c.d. “Streptococco beta – emolitico”, che potrebbe causare infezioni neonatali.