Il Papilloma Virus (HPV) è considerato la causa principale del cancro al collo dell’utero. Quasi la totalità delle donne affette da questa neoplasia risulta positiva all’infezione da papilloma, ma non tutte le donne infette si ammalano di tumore.
Oltre il 70% delle donne contrae un’infezione genitale da HPV nel corso della propria vita, ma la grande maggioranza di queste guarisce spontaneamente in pochi mesi, grazie alla risposta efficiente del sistema immunitario. In pratica, l’infezione è un fattore necessario ma non sufficiente per lo sviluppo della patologia neoplastica.
L’HPV si trasmette facilmente attraverso i rapporti sessuali, completi o meno. Non è necessaria la penetrazione ma il contatto diretto e stretto cute contro cute, ed è per questo motivo che il preservativo può essere una protezione non sufficiente.
Insieme all’infezione possono fungere da fattori scatenanti la neoplasia anche:
- il tabagismo,
- un regime alimentare poco equilibrato e povero di vitamine,
- la scarsa igiene personale,
- la promiscuità sessuale,
- le numerose gravidanze,
- precedenti familiari di cancro al collo dell’utero.
L’unica arma efficace da utilizzare contro l’herpes papilloma virus è quella della prevenzione. Prevenzione disponibile sia per le donne che per le ragazzine. Sia per le mamme che per le figlie.
Per moltissimi anni la prevenzione e lo screening sono state ad appannaggio esclusivo delle donne adulte. Ogni donna sessualmente attiva dovrebbe sottoporsi al Pap-test una volta ogni 3 anni. Molti medici, in realtà, consigliano di eseguire l’esame più frequentemente, ogni due anni o addirittura ogni anno. Eppure non esiste alcuna evidenza scientifica che dimostri che fare il test più spesso abbassi l’incidenza del tumore. Probabilmente, un controllo tanto frequente ha solo la funzione di tranquillizzare la paziente e di mettere a tacere ansie e paure.
L’obiettivo dello screening è quello di individuare il più precocemente possibile eventuali lesioni pre-cancerose a livello della cervice uterina e d’intervenire in maniera adeguata.
Le lesioni di basso grado spesso regrediscono spontaneamente nel giro di un paio d’anni e raramente hanno un’evoluzione maligna. Ed è per questo che le si affronta con semplici controlli periodici.
Le lesioni di alto grado, invece comportano un rischio più elevato. Ed è per questo che spesso si rende necessario un vero e proprio intervento terapeutico, come la conizzazione o la laserterapia.
Ma negli ultimi anni, grazie ai passi avanti fatti dalla ricerca, la prevenzione è stata allargata anche alle preadolescenti. Ed in questo campo l’Italia è assolutamente all’avanguardia. Fin dal 2008 è iniziata una campagna di vaccinazione a tappeto di tutte le ragazzine di 12 anni. Campagna che coinvolge ogni anno quasi 300.000 adolescenti. Le dosi vaccinali sono tre e sono somministrate intramuscolo. Alla prima dose, seguono la seconda e la terza, a distanza di due e sei mesi.
ATTENZIONE! Il vaccino non ha alcun effetto terapeutico, quindi non può essere considerato un sostituto del pap-test. Il vaccino anti-HPV previene esclusivamente dall’infezione dei tipi virali con cui la ragazzina non è ancora venuta in contatto. Ma, una volta iniziato ad avere rapporti sessuali, questa dovrà comunque sottoporsi periodicamente al pap-test.