Fenomeno dei bambini ucraini che vengono ospitati in Italia, dagli anni ’90 in poi. Oggi scatta una terribile accusa contro una famiglia di Torino. “Sono un bambino sporco”. E’ lo scioccante cartello che un bambino di 9 anni, nato a Donetsk in Ucraina e affidato alle cure di una famiglia italiana, sarebbe stato costretto a portare al collo come punizione. E’ stato lui stesso a raccontarlo, ora che ha 17 anni e vive in una comunità a seguito di un provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Torino. La madre e il padre, invece, sono imputati per maltrattamenti. Il ragazzo era stato preso in cura da quella famiglia quando aveva circa 7 anni, ma la quotidianità per lui ha preso una brutta piega sin dall’inizio, almeno secondo i racconti del ragazzo.
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“I miei genitori – ha raccontato il ragazzo agli ispettori della procura – mi portano nel bosco e mi picchiano; mi costringono a specchiarmi con un cartello appeso al collo su cui c’è scritto: ‘Sono un bambino sporco’. Mi fanno fare docce fredde, mi costringono a zappare l’orto. Mi impediscono di andare alle gite scolastiche”. Le prima ad accorgersi che qualcosa non andava sono state le maestre a scuola: il bimbo aveva vestiti grandi e sporchi, a volte aveva lividi e non profumava di pulito. I genitori, che per l’adozione erano andati in Ucraina e che vivono in un paese della cintura di Torino, hanno sempre respinto ogni accusa. “Siamo innocenti, mai usato violenza nei sui confronti” hanno sempre sostenuto.
Il ragazzo si è costituito parte civile, assistito dall’avvocato Emanuela Martini: “Siamo in un fase delicata – dice – aspettiamo la sentenza”. L’avvocato Anna Ronfani, che difende i genitori, parla di grande rammarico: “I miei assistiti non intendono commentare né il processo né le ragioni delle accuse: vivono la vicenda con infinito rammarico, perché quel rapporto era stato costruito su affetti e sacrifici, nel solco di un’esperienza maturata con iniziative di solidarietà e accoglienza verso molti bambini”.