Oggi, 3 febbraio 2015, si celebra San Biagio, o San Biagio di Sebaste. Nato intorno al III secolo, morto a Sebaste nel 316 d.C., Biagio è stato un vescovo cattolico, imprigionato dai Romani a causa della sua fede: durante il processo la quale fu sottoposto rifiutò di rinnegare la fede cristiana e, per questo motivo, fu oggetto di strazio con dei pettini di ferro (quelli utilizzati per cardare la lana). Morì successivamente, decapitato.
La vita di Biagio è avvolta nella nebbia, tanto che di “ufficiale” si sa ben poco, o nulla. Le poche storie sulla biografia del medico armeno sono state tramandate oralmente, e poi raccolte in agiografia. A lui sono attribuiti diversi miracoli, come quello del salvataggio di un bimbo che stava soffocando dopo aver ingerito una lisca di pesce.
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Tra le altre leggende intorno alla vita del santo, anche la presenza di una palla di ferro sparata dai cannoni francesi durante l’assedio del dicembre 1806. Situata nella Basilica di San Biagio, a Maratea, nella palla di ferro, inesplosa, sarebbero ben visibili delle impronte che secondo la tradizione sono da ricondursi alle dita della mano destra di san Biagio.
Ancora, si narra che a Fiuggi, intorno alla fine del ‘200, Biagio fece apparire delle finte fiamme nel Paese, proprio mentre il borgo era in procinto di essere messo sotto assedio dalle truppe del Papa. Proprio le finte fiamme avrebbero indotto le truppe nemiche, che oramai erano prossime all’attacco, a pensare di essere state precedute da forze alleate. Esse andarono quindi oltre, ritornando ai loro alloggiamenti: i fedeli, per ringraziare il santo, lo elessero patrono della città e per festeggiare degnamente l’evento permane tutt’oggi la tradizione di bruciare delle grandi cataste di legna, di forma piramidale (le c.d. “stuzze”) a ricordo dell’apparizione.
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La memoria di San Biagio è celebrata il 3 febbraio. Ricordiamo che il suo corpo fu sepolto nella cattedrale di Sebaste, che nel 732 una parte delle reliquie fu imbarcata per poter essere fermata a Roma, e che una tempesta fermò la navigazione sulla costa di Maratea, dove i fedeli conservarono i resti mortali del santo. Sono comunque numerose le località che vantano di possedere un frammento del corpo del santo: rimane tuttavia l’incognita che in realtà vi siano delle false reliquie del santo, e che pertanto il vanto sia tutt’altro che veritiero, pur in buona fede.