Nel suo report di dicembre l’Istat ha certificato un discreto calo nelle interruzioni volontarie di gravidanza, sottolineando come nel 2012 (ultimo anno per cui sono disponibili dei dati ufficiali) l’istituto avrebbe rivelato 103.191 interruzioni volontarie, ben 6.850 in meno rispetto al 2011. L’Italia si conferma pertanto uno dei Paesi dell’Unione Europea con il più basso livello di abortività volontaria, considerato che nel 2012 lo stesso risulta essere pari a 7,6 aborti per 1.000 donne di età tra i 15 e i 49 anni.
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Sempre in termini statistici l’Istat segnala come le differenze regionali si stiano sempre più assottigliando: nel 2012 il valore più elevato del tasso di abortività volontaria spetterebbe alla Liguria, con un livello di 10,2 per 1.000 donne, contro quello minimo, di 4,3, della Provincia Autonoma di Bolzano. Per rendersi conto di quanto, negli ultimi 30 anni, i tassi si stiano assottigliando, basti pensare che il differenziale tra la regione con il tasso più alto e il tasso più basso, oggi pari a 5,9 punti, nel 1982 era pari a oltre 17 punti (la Puglia aveva un tasso di 26 per 1.000 donne, e la Provincia Autonoma di Bolzano di 8,7 ogni 1.000 donne).
“La classe di età con il tasso di abortività più elevato è quella delle 25-29enni (12,8 per mille). Per tutte le classi di età si è registrato un declino dei tassi di abortività, meno accentuato nelle classi più giovani” – sottolinea ancora il comunicato Istat, per poi ricordare che – “L’incidenza dell’aborto volontario risulta più elevata tra le donne nubili (8,1 per mille) che tra quelle coniugate (6,5 per mille)”.
L’istituto afferma altresì che le donne straniere presentano livelli di abortività che sono mediamente molto più elevati dei livelli delle donne italiane, e arrivano al momento dell’interruzione volontaria di gravidanza generalmente due anni prima delle donne italiane, con un’età anagrafica di 29 anni contro 31 anni.
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“Tra i gruppi più numerosi di stranieri residenti in Italia” – afferma ancora la nota di dicembre – “il tasso di abortività risulta più elevato per le donne cinesi (30,0 casi di Ivg per 1.000 donne cinesi di età 15-49 anni), seguite da rumene (22,7), albanesi (16,6) e marocchine (16,2). La percentuale di Ivg ripetute è pari al 26,6% di quelle totali. In particolare le interruzioni volontarie di secondo ordine (cioè precedute da una sola Ivg) sono il 18,7%, quelle di terzo ordine il 5,3%, mentre le restanti (di ordine superiore) sono il 2,6%”.
Per maggiori informazioni vi invitiamo a scaricare il report completo sul sito internet istat.it.