Una cosa è certa: il caso della signora Melissa Cook è giunto in tribunale. E, probabilmente, la sentenza in attesa dai giudici della Corte Suprema di Los Angeles farà giurisprudenza.
I giudici dovranno infatti pronunciarsi su una vicenda particolarmente complessa, e che vede una donna che ha affittato il suo utero rifiutare l’aborto, nonostante una simile volontà da parte dei genitori intenzionali, e nonostante vi siano evidenti rischi per la salute della mamma e del bimbo.
Il caso è stato sollevato da Melissa Cook, una donna 47 enne di Woodland Hills, in California, già madre di 4 figlie e incinta di 3 gemelli. I gameti arrivano dal signor C.M., un 50 enne della Georgia, mentre gli ovuli arrivano da una donatrice.
Su questo scenario, la signora Cook non solamente ha respinto la richiesta di riduzione selettiva che era arrivata dal padre intenzionale, ma ha altresì fatto causa all’uomo, domandando di poter divenire la madre di tre bimbi che porta in grembo. Insomma, una vicenda molto complessa, sulla quale i media americani stanno dibattendo da tempo, e non solo in ambito bio.
L’origine dei fatti risale alla scorsa primavera, quando C.M. si rivolse alla Surrogacy International per poter avere un bambino: nel contratto si prevedeva che l’uomo avrebbe pagato 33 mila dollari alla donna che avrebbe portato in grembo il feto, oltre a 6 mila dollari per ogni figlio aggiuntivo. La donna avrebbe invece rinunciato ai diritti di genitore una volta partorito.
Melissa, nello scorso mese di agosto, si è quindi sottoposta alla fecondazione assistita, impiantando tre embrioni. Contrariamente alle previsioni, tutti e tre hanno attecchito. L’evoluzione di tale vicenda non ha trovato gradimento in C.M., che lavora come impiegato alle Poste e, probabilmente, ritiene di non poter seguire adeguatamente la crescita di tre bimbi. Dunque, ha chiesto alla donna di sottoporsi a una procedura di riduzione selettiva, eliminando un feto. Melissa avrebbe tuttavia rifiutato categoricamente di dar seguito a una simile richiesta, affermando di essere una madre pro-life e di non voler abortire.
Considerata tale presa di posizione – sempre a detta della donna – C.M. avrebbe cominciato ad avanzare delle minacce. E a quel punto la donna si è rivolta ai giudici per poter domandare il diritto di diventare madre legale dei bimbi. L’uomo, attraverso il suo avvocato, rilancia: pare infatti che il padre sia preoccupato per i rischi associati al parto multiplo.
Cosa avverrà ora? Non ci resta che attendere…