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Anoressia nei bambini, come comportarsi in caso di dubbi

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Contrariamente a quanto si possa superficialmente immaginare, l’anoressia è un problema che può riguardare anche i nostri bimbi. Studi recenti dimostrano infatti come i disturbi alimentari colpiscono sempre più presto i bambini, con segnali che si manifestano già intorno agli 8 anni. Ma come “nasce” il problema? E cosa spinge il bambino a iniziare a non mangiare?

Per cercare di saperne di più, bisogna naturalmente far ricorso al parere di un esperto. Secondo Laura Romano, pedagogista, consulente educativa e formatrice, specializzata in disturbi della condotta alimentare (Dca), ad esempio, “l’anoressia è l’espressione di un disagio e ha un’origine complessa, per cui bisogna tenere conto di diversi fattori psicologici, sociali e biologici”. Il tutto, nella consapevolezza che molto dipende dai cattivi esempi: un elemento di rischio è l’adolescentizzazione precoce, a causa della quale alcuni bambini e bambine risentono della pressione verso la magrezza già a 7-8 anni”, imitando magari modelli di comportamento sbagliati degli adulti, come ricordato da un altro esperto, Roberto Pozzetti, psicoterapeuta e psicanalista, fondatore della sede di Como di Jonas Onlus. “Questi soggetti odiano il loro corpo morbido e fanno di tutto per diventare magri: non mangiano, oppure mangiano e poi vomitano e si impegnano in attività fisiche stremanti” – ricorda.

Ma come comportarsi allora con i propri bimbi? Il primo passo da fare è cercare di instaurare un rapporto corretto con il cibo, senza alcuno stress. Guai pertanto a dire ai propri bimbi di non mangiare troppo perchè altrimenti si corre il rischio di ingrassare, poichè questo messaggio, soprattutto se ripetuto troppo frequentemente, può instillare delle insicurezza nei bimbi. Per quanto ovvio, questo non significa dare il via libera al proprio bimbo affinchè possa mangiare tutto quel che gli pare: meglio invece concentrarsi solo sull’aspetto positivo, illustrando i cibi positivi e giusti, e collegandoli al pensiero di un miglior benessere psicofisico.

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Lo stesso ragionamento di cui sopra dovrebbe essere utilizzato quando uno dei genitori intraprende una dieta. Tale modifica nelle abitudini dovrebbe infatti essere spiegata al proprio bimbo non come un semplice rifiuto del cibo, quanto la scelta di un’assunzione più congrua, in modo controllato, per avere dei benefici.

Fin qui, qualche utile strategia per evitare che il problema insorga. Ma se il bimbo ha già iniziato a mangiare poco? “Conviene indagare sulle cause, senza farsi prendere dal panico” – suggerisce Romani – “Il cibo è uno strumento molto potente perché parla delle emozioni. Quando un bambino fatica a esprimere emozioni negative come la paura, la tristezza o la rabbia, può rifiutare il cibo per comunicare il suo disagio”.

Il che non vuol dire, naturalmente, che tutti i bimbi che non mangiano abbiano dei problemi, nè che il problema sia duraturo. A volte si tratta solo di fenomeni passeggeri che, però, non vanno comunque sottovalutati: bene dunque interpellare pediatra e specialisti in problematiche pre-adolescenziali, che possano intervenire tempestivamente.