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Gravidanza extrauterina: Sintomi, caratteristiche e possibili complicazioni

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La gravidanza extrauterina è quella condizione nella quale l’embrione si annida al di fuori dell’utero. Nella stragrande maggioranza delle ipotesi l’annidamento avviene all’interno di una delle tube (in circa il 98% delle casistiche, stando a quanto suggeriscono le statistiche più recenti), ma può altresì avvenire che l’annidamento capiti nella cavità addominale, nel collo dell’utero o ancora nelle ovaie (si tratta ad ogni modo di casistiche molto rare, che possono riguardare circa meno del 2% di tutte le gravidanze in esame).

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Ma cosa succede? Succede che, per la mamma, questa è una situazione potenzialmente molto pericolosa. La gravidanza non può infatti procedere come una gravidanza normale, con la conseguenza che di norma la stessa si arresta precocemente. Qualora non avvenga così, non c’è altro da fare se non arrestarla. In caso contrario l’embrione, crescendo, provocherà la rottura della tuba in cui è annidato, con conseguente formazione di un’emorragia che potrebbe rivelarsi particolarmente grave per la mamma. Per fortuna, la diagnosi precoce della gravidanza extrauterina permette esiti più favorevoli, riducendo di gran lunga i casi in cui si arriva alla rottura della tuba. Ne consegue che il tasso di mortalità è estremamente basso, pari a circa 0,5 su 1.000 casi.

Quali sono le cause della gravidanza extrauterina?

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Le cause della gravidanza extrauterina possono essere numerose, ma tra le principali si annovera certamente l’alterazione della normale struttura anatomica delle tube. Ancora, è possibile ascrivere al novero delle cause i precedenti interventi pelvici, le infezioni dell’apparato riproduttivo, l’endometriosi, l’infertilità, i trattamenti per l’infertilità, l’età avanzata della donna, il già aver avuto una gravidanza ectopica e altro ancora. Una chiacchierata con il proprio medico di fiducia saprà certamente essere utile per poter chiarire alcune delle principali determinanti di questa situazione che occorre tenere sotto controllo.

Come riconoscere la gravidanza extrauterina?

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La gravidanza extrauterina raramente dà sintomi, ma nelle maggioranza dei casi è possibile “intercettarla” attraverso i dolori pelvici (di intensità variabile, considerato che possono variare anche sensibilmente da caso a caso), e anche a un lato soltanto. Possono inoltre verificarsi delle anomalie mestruali, come ad esempio il ritardo nel ciclo oppure mestruazioni particolarmente abbondanti o particolarmente scarse.

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Naturalmente, anche in assenza di sintomi, come sopra già anticipato, non è detto che non possano comunque esservi delle gravidanze extrauterine: un consulto con il proprio medico di fiducia, e gli esami conseguenti, sapranno certamente chiarire ogni interrogativo.

Come diagnosticare la gravidanza extrauterina?

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La gravidanza extrauterina è diagnosticabile sul risultato di un’ecografia, abbinata alla misurazione dei livelli dell’ormone beta-hCG nel sangue. Se l’ecografia non è in grado di rilevare nulla nell’utero, e i livelli di beta-hCG aumentano nel tempo, ma più lentamente di quanto potrebbero fare nel corso di una gravidanza “normale”, significa che la gravidanza è definibile come ectopica.

Cosa fare in caso di gravidanza extrauterina?

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Nell’ipotesi di gravidanza extrauterina è possibile intervenire con diverse terapie, a seconda della gravità della situazione. Ad esempio, nei casi più semplici è sufficiente procedere con una terapia di attesa: come intuibile, si tratta di non fare nulla, attendendo che la situazione si risolva da sola. Questa procedura è efficace nel 70% dei casi, ma in particolari condizioni: camera gestazionale stabile e piccole dimensioni, niente dolori, niente emorragia interna. È comunque importante procedere con l’effettuazione di controlli clinici quasi quotidiani, fino a che gli esami indicano che la gravidanza si è risolta in maniera spontanea.

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La terapia intermedia viene effettuata dal medico qualora i livelli di beta-hCG non decrescano. In questo caso viene somministrato un farmaco chemioterapico come il metotrexate, che blocca la replicazione delle cellule. Si tratta di una terapia adatta se la gravidanza è in fase iniziale o se comunque è poco sviluppata, o ancora se la donna non ha nè dolori nè emorragie interne.

Infine, in tutti gli altri i casi è necessario procedere con un trattamento chirurgico. Se si opera d’urgenza (per esempio, nelle ipotesi in cui avvenga un’emorragia incontrollabile, vi sia uno stato di shock, una gravidanza cervicale o addominale) si interviene con una incisione dell’addome. In caso contrario, con l’ausilio di un operatore esperto che possa padroneggiare l’uso di strumentazione adeguata, si può procedere con un metodo miniinvasivo con sole 2-3 minuscolo incisioni di 5 mm ciascuna. L’intervento consiste dunque nell’incisione e nella sprematura della tuba in cui si è impiantato l’embrione. In altri casi ancora si deve invece arrivare all’asportazione totale o parziale della tuba.

Cosa accade dopo?

La fertilità non è compromessa, a patto che la donna abbia una sola tuba e che si renda necessaria per forza la sua asportazione. Va comunque detto che con l’utero e con le ovaie funzionanti, è comunque possibile ottenere una gravidanza futura attraverso le tecniche di fecondazione assistita. Il rischio di recidiva è relativamente alto, essendo aumentato di circa 7-9 volte, pur essendo in calo se alla gravidanza extrauterina segue una gravidanza in utero.