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“Vado al mercatino più bello”. L’ultima passeggiata di Fabrizia Di Lorenzo, l’italiana vittima dell’attentato in Germania. Lo strazio del papà Gaetano

 

Cervello in fuga, 31enne di Sulmona, laureata a Bologna, lavora nella capitale tedesca per un’azienda di trasporti. Ecco chi è Fabrizia Di Lorenzo, dispersa dopo la strage di Berlino di lunedì sera. L’allarme  è scattato martedì in mattinata quando Fabrizia non si è presentata al lavoro ma i familiari hanno da subito temuto il peggio, da quando hanno cercato invano di mettersi in contatto con lei, senza ricevere risposta. Il suo cellulare è stato poi ritrovato sul luogo dell’attentato. È stata la famiglia a mettersi in contatto con la Farnesina e la madre e il fratello sono partiti immediatamente per la Germania per essere sottoposti all’esame del Dna. Cittadina del mondo, Fabrizia appartiene alla cosiddetta generazione Erasmus, e ha scelto un percorso formativo orientato all’integrazione tra i popoli e alla lotta alla discriminazione. Dopo la laurea triennale alla Sapienza di Roma in Mediazione linguistico-culturale, ha conseguito la magistrale all’Alma Mater di Bologna in Relazioni internazionali e diplomatiche e un master alla Cattolica di Milano in tedesco per la comunicazione economica. Da qualche anno vive a Berlino, dove lavora in un’azienda di trasporti. (Continua dopo la foto)

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Quando Fabrizia lunedì sera ha infilato l’angolo della Hallesrstrasse ed è passata davanti ai ristorantini italiani dove andava ogni tanto per sentirsi a casa, Il Pozzetto e Il Lucano, ha detto ai suoi amici che andava «al Weinachtmarkt qui dietro, ho letto che è uno dei mercatini di Natale più belli». Qualcuno da incontrare, forse. Poche fermate d’autobus, quattro passi in questo freddo che piace a chi è vissuto in Abruzzo.

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Il primo a sapere è stato il papà. Era a Sulmona davanti alla tv e hanno interrotto le trasmissioni per dire della strage. A Charlottenburg. Proprio dove ha sempre lavorato Fabrizia. Gaetano Di Lorenzo ha preso il cellulare e inizia a chiamare a ripetizione. Ma invano. Alla decima volta qualcuno ha risposto, in tedesco: «Abbiamo capito che era finita all’una e mezza di notte — dice ora parte per raggiungere la moglie e il suo ragazzo già arrivati in Germania —. Siamo stati noi a chiamare la Farnesina. Mio figlio è lì ad aspettare l’esame del Dna, ma non m’illudo. Non dovrebbero esserci dubbi…». L’ambasciatore Piero Benassi assiste la famiglia all’obitorio, serve comunque il riconoscimento. Ma la Procura di Roma ha già aperto un fascicolo e per terra col telefonino c’era l’abbonamento della metropolitana — «Name: Di Lorenzo» — e nelle celle frigorifere rimangono quegli otto corpi difficili da ricomporre.