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Treviso: mamma abbandona il neonato in ospedale per l’adozione, poi ci ripensa

È una storia particolare ma sempre più frequente quella della mamma di Treviso che ha partorito il proprio bambino con l’intenzione di farlo adottare per poi ripensarci qualche giorno dopo. È stato l’ospedale Ca’ Foncello della provincia veneta ad accogliere il piccolo venuto alla luce nel reparto di Ginecologia e Ostetricia. L’iter da seguire in questi casi è il seguente: la mamma porta a termine la gravidanza e dopo aver partorito viene separata dal neonato che rimane sotto protezione dell’ospedale fin quando non vengono attivate le pratiche per l’adozione. E così è stato anche per la donna veneta ma l’istinto materno ha prevalso trasformando la vicenda in una favola dal lieto fine.

reparto ostetricia

La mamma ci ripensa e torna indietro: “Voglio mio figlio”

Deve averci pensato bene la neomamma dopo essere tornata a casa, tanto che dopo tre giorni si è presentata nuovamente in ospedale con un pensiero ben preciso: “Voglio mio figlio”, sarebbe stata la richiesta convinta della donna ed entrambi hanno lasciato il nosocomio diretti verso casa. L’accaduto è stato riportato da Il gazzettino e confermato dal responsabile dell’unità di Ostetricia del Ca’ Foncello dove sono stati registrati altri tre casi analoghi nel 2018, due dei quali risolti con la scelta della mamma di riprendere il bambino. Per il terzo invece si sono spalancate le porte dell’adozione.

neonato abbandonato

Parto segreto, un’opportunità per le mamme che non vogliono abortire

Secondo quanto testimoniato da questi casi di cronaca non si tratta di vicende inconsuete anzi un numero sempre maggiore di mamme si avvale del cosiddetto ‘parto in anonimato’ o ‘parto segreto’. La prassi vuole che se una donna, per convinzioni religiose o per scadenza dei termini di legge, preferisce non avvalersi dell’aborto, può concordare con la struttura ospedaliera di far nascere il bambino senza essere menzionata nell’atto di nascita. Il medico o l’ostetrica devono firmare tale documento entro dieci giorni dal parto, tempo consentito dalla legge alla madre per riconoscere il bambino. Decorsi questi termini, se la donna non ritorna sui propri passi, l’ospedale segnala l’accaduto alla procura della Repubblica che attiva la pratica di adozione.