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Choc in sala parto: dà alla luce 2 gemelli, ma poco dopo muore di emoraggia. Aperta un’inchiesta

 

Era al suo terzo parto cesareo Mirella Lombardo, 43 anni, deceduta mercoledì notte dopo essere stata ricoverata in terapia intensiva agli ospedali Riuniti di Reggio Calabria. La donna, residente nella Piana di Gioia Tauro, lo scorso 3 giugno si era ricoverata nel reparto di Ostetricia e Ginecologia, lo stesso messo sotto accusa a maggio scorso dalla procura reggina e dopo sei giorni aveva dato alla luce due gemelli.

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parto killer1La puerpera, qualche giorno dopo il parto e dopo essere stata dimessa, ha iniziato ad accusare dolori addominali: da qui, il sospetto che qualcosa non fosse andato per il verso giusto durante l’intervento. La donna ha quindi deciso di ritornare ai Riuniti ma, dopo l’esito degli esami, ha preferito rientrare a casa. Qualche giorno dopo gli stessi sintomi sono ritornati, tanto da costringerla a un nuovo ricovero ai Riuniti. I medici le avrebbero riscontrato una forte emorragia che, comunque, hanno tentato di bloccare con un intervento chirurgico. Subito dopo la paziente è stata trasferita in terapia intensiva. Mercoledì sera le sue condizioni si sono aggravate e qualche ora dopo è deceduta.

parto killer 3La magistratura ha avviato un’inchiesta ed ha sequestrato la cartella clinica della signora. Il primario del reparto di Ginecologia e Ostetricia Francesco Battaglia ha chiesto l’esame autoptico, mentre il direttore generale dell’Asl di Reggio Calabria Frank Benedetto ha costituito una task force  interna per conoscere come sono andati i fatti.

Dopo la recente inchiesta “Malasanitas” della magistratura reggina, che ha interessato proprio il reparto di Ostetricia e Ginecologia dei Riuniti, dove si sono accertati casi di neonati morti e aborti clandestini, gli occhi continuano a essere puntati su questo reparto dove – ha riferito il direttore generale – si raggiungono i 45 ricoveri giornalieri. Numeri impressionanti,  caratterizzati dal fatto che all’ospedale di Scilla e in quello di Melito sono stati chiusi i reparti di Ostetricia, la clinica privata di Villa Aurora è in dismissioni e quindi quasi tutte le partorienti della provincia reggina giungono ai Riuniti per mettere al mondo i propri figli.

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L’inchiesta “Malasanitas” era nata da una costola di un’altra indagine di mafia avviata nel 2010 ma, inspiegabilmente, le intercettazioni relative al filone medico sono state lasciate chiuse nei cassetti per quattro anni. Solo a novembre del 2014 il procuratore aggiunto Paci e i sostituti procuratori Roberto Di Palma e Anna Maria Frustaci, hanno potuto conoscere le trascrizioni che hanno portato all’incriminazione, tra gli altri, del primario facente funzione Alessandro Tripodi, nipote dell’avvocato Giorgio De Stefano, figura carismatica della ‘ndrangheta reggina.