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Sei a dieta ma non dimagrisci? Controlla la salute del tuo intestino

 

Chi ha scelto di mettersi a dieta dopo gli stravizi delle feste deve armarsi di pazienza. Il nuovo regime alimentare potrebbe non funzionare, perlomeno non subito, e il ‘sabotaggio’ potrebbe arrivare proprio da lnostro corpo. Non che non accetti il ridotto regime calorico, come si dice spesso, e rallenti il metabolismo, ma a causa di una difficile coabitazione tra noi e dei nostri inquilini che abitano l’intestino: sarebbero proprio i batteri dell’intestino ad impedire i risultati di una dieta. Lo ha scoperto una ricerca guidata dalla Washington University di Saint Louis e che vede tra gli altri la partecipazione di Luigi Fontana, dell’Universita’ degli Studi di Brescia. In sostanza, il microbiota, cioè la ‘popolazione’ che compone la flora intestinale, potrebbe non essere dalla nostra parte. Ecco perché.

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Può rivelarsi persino utile la perdita di alcuni batteri perché una dieta nuova abbia successo. Gli studiosi hanno prelevato campioni di feci da persone che hanno seguito una dieta a base di frutta e verdura ipocalorica o una dieta senza restrizioni, scoprendo così che chi aveva seguito la dieta ricca di vegetali e ad apporto calorico ristretto aveva un microbiota più diversificato. Hanno poi colonizzato gruppi di topi privi di germi intestinali con le comunità di batteri dei diversi donatori umani, nutrendo gli animali con la dieta originaria del donatore oppure con una diversa. Sebbene i topi rispondessero alla nuova dieta, quelli che ne seguivano una tradizionale mostravano una risposta debole alla dieta ricca di vegetali.

dieta-intestino-sano-744x445pancia-sgonfiaIn sostanza, era come se batteri abituati ai cibi grassi faticassero ad adattarsi ad un nuovo regime alimentare con più frutta e verdura, frenando il dimagrimento. L’effetto è migliorato facendo ‘coabitare’ animali con questo tipo di batteri, della dieta tradizionale, con quelli di topi che avevano una flora intestinale abituata alla dieta a base vegetale. Gli studiosi sperano che l’approccio utilizzato nello studio possa portare allo sviluppo di probiotici di ultima generazione.