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“Ora deve pagare!”. Va dal medico per un neo e viene curata con le erbe. Ma per una torinese di 53enne serviva ben altro: il tragico epilogo

 

Era andata dalla dottoressa per quello che credeva essere un neo. Ma – era il 2014, una torinese è morta a 53 anni dopo avere seguito – secondo l’accusa – delle terapie ispirate alle controverse teorie del tedesco Hamer. Significa che, anziché farsi asportare chirurgicamente un neo, si affidò a trattamenti con erbe e a sedute finalizzate a rimuovere certi suoi presunti blocchi psicologici. Ma il neo nel corso del tempo si è trasforamto in un tumore. Per questa vicenda è già stata condannata in primo grado a 2 anni e sei mesi di carcere una dottoressa torinese, Germana Durando. Le nuove indagini, cominciate dopo la denuncia dell’avvocato di parte civile Marino Careglio, hanno portato a concludere che implicata nella morte fosse anche la 65enne Maria Gloria Alcover Lillo, dottoressa spagnola che opera tra Modena e il capoluogo piemontese iscritta all’ordine di Modena. Sarebbe lei la 2maestra della Durando, che ne seguiva gli insegnamenti in quanto esperta in terapia unicista”. Ed è così che si aprirà il 19 settembre a Torino l’udienza preliminare a suo carico. (Continua dopo la foto)

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Dopo la condanna in primo grado a due anni e sei mesi di carcere inflitta alla dottoressa Durando, la procura di Torino ha insomma indagato un’altra collega, sempre omeopata, la Alcover Lillo, e nei giorni scorsi il giudice per le indagini preliminari Stefano Vitelli le ha applicato la misura interdittiva della professione medica. Anche lei, secondo l’accusa,  avrebbe consigliato Marina a non operarsi, sostenendo che l’intervento, anziché salvarle la vita, avrebbe potuto aggravare la malattia provocandole “un’esplosione metastatica”.  (Continua dopo le foto)

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Scrive il gip nell’ordinanza: “L’indagata Alcover Lillo, come emerge dall’istruttoria, era la ‘maestra’ della dottoressa Durando che seguiva i suoi insegnamenti. Entrambe erano contrarie alla pratica chirurgica e riguardo alle neoplasie sostenevano che l’intervento avrebbe determinato un aggravamento della malattia e che i pazienti andavano curati con i rimedi omeopatici”. Riguardo al neo di Marina: “Lei era sicuramente a conoscenza della situazione. La stessa Marina in una mail a Germana Durando diceva come le avesse fatto impressione sentirlo chiamare “cancero” dalla Lillo”. Secondo il giudice l’omeopata spagnola aveva una forte autorevolezza verso la collega italiana e sarebbe stata così contraria all’asportazione del neo  da “attribuire addirittura la responsabilità delle letali diffusioni metastatiche all’intervento (certo ormai tardivo) di rimozione”. Marina infatti aveva alla fine deciso volontariamente di farsi togliere quel neo che da pochi millimetri era diventato un gigantesco tumore di oltre undici centimetri, sulla spalla, che le procurava molto dolore. Ma ormai era troppo tardi, ed era già entrata in uno stadio di metastasi che l’avevano colpita prima ai linfonodi, poi al cervello. E così è morta.