Malattie

Lotta ai tumori, nuove speranze dal super-computer: ecco il cervellone che svela la cura in 10 minuti. Ma la mano dell’uomo si rivela (ancora una volta) indispensabile

 

Lotta ai tumori, meglio un team di medici specialisti o il super-computer Watson di IBM. Uno studio finanziato dalla Rockefeller University di New York e pubblicato sul numero di agosto di Neurology Genetics ha voluto mettere a confronto il modo di lavorare di una équipe con quello di Watson, cervellone che da qualche anno a questa parte ha iniziato ad aiutare i medici di alcuni prestigiosi ospedali del mondo a prendere importanti decisioni a livello clinico. C’era molta curiosità nel capire come l’intelligenza artificiale si sarebbe comportata dinanzi ad un particolare tumore al cervello (glioblastoma) diagnosticato ad un paziente di 76 anni e se le risposte date dal computer si sarebbero dimostrate davvero “efficaci”. Watson ci ha messo solo 10 minuti per riconoscere la tipologia di tumore, evidenziare le mutazioni alla base della sua formazione e poi proporre un trattamento farmacologico. Il team medici di specialisti però ha saputo fare di meglio: nonostante le 160 ore di lavoro, è riuscita a collegare un paio di mutazioni non-standard del tumore in questione (comunque individuate ma non correlate da Watson) proponendo un trattamento mirato potenzialmente più efficace. (Continua dopo la foto)

tumoricopIl lavoro – frutto di una collaborazione tra il New York Genome Center (Nygc) e il team Watson for Genomic – riguarda il caso di un uomo di 76 anni colpito da un grave glioblastoma, un tumore cerebrale. Operato subito dopo la diagnosi, il paziente è stato sottoposto a 3 settimane di radioterapia e ha iniziato un lungo ciclo di chemio. Ma nonostante le migliori cure, come riporta Adnkronos è morto entro un anno. I suoi tessuti sono stati sottoposti a un sequenziamento genetico tradizionale (ricerca di alcune mutazioni genetiche collegate al cancro), a una mappatura globale del Dna e all’analisi dell’Rna. I dati sono stati quindi esaminati dal ‘cervellone’ Watson e da un’équipe del Nygc composta da un oncologo medico, un neuro-oncologo e un bioinformatico. (Continua dopo le foto)

tumori2 tumori1Il primo risultato evidenziato è che mappare l’intero Dna del paziente, invece che solo un gruppo di geni, benché più impegnativo e costoso può indirizzare meglio il trattamento. Il secondo elemento è la maggiore velocità della macchina nell’analizzare il materiale e suggerire una via terapeutica da seguire. L’uomo però non viene battuto. I medici del Nygc hanno infatti identificato mutazioni in 2 geni del paziente, che considerate insieme invece che singolarmente (e questo tipo di visione almeno al momento resta una ‘prerogativa’ umana), avrebbero indotto i camici bianchi ad arruolare il malato in un trial clinico che attraverso una combinazione di farmaci bersagliava entrambe le alterazioni. Se il paziente fosse stato ancora vivo, sarebbe potuto entrare nello studio e magari aumentare le sue chance di sopravvivere.