“Avevo trent’anni due figli da crescere da sola. Quei cinque milioni di lire mi facevano comodo. Non immaginavo invece che, 17 anni dopo, quelle foto mi avrebbero fatto rischiare il pignoramento della casa. Non mi pento delle foto fatte e neanche degli scatti più o meno osé per cui ho posato in tempi più recenti. La mia battaglia è un’altra: noi donne dobbiamo essere libere di decidere come e in quale contesto mostrare il nostro corpo. Mi sento vittima di una prevaricazione. Uniamoci in una class action e rivendichiamo il diritto a disporre liberamente del nostro corpo e della sua rappresentazione”. Loretta Rossi Stuart, la 47enne sorella del protagonista di Romanzo Criminale e Vallanzasca, Kim Rossi Stuart, è finita nei guai a causa di alcune foto osé pubblicate sul web senza il suo consenso. (Continua dopo la foto)
I fatti risalgono a diversi anni fa. Era il 2001 quando Loretta Rossi Stuart, modella e attrice oltre che sorella del più famoso Kim, firmò una liberatoria per alcuni scatti che avrebbero dovuto essere destinati alla visione di poche migliaia di persone. Invece le stesse foto – parecchio tempo dopo – sono finite online e senza alcun consenso da parte dell’interessata, scannerizzate da un privato e pubblicate su Supereva. Gli scatti incriminati fanno infatti parte di un servizio fotografico della rivista Boss, per cui la Rossi Stuart aveva posato ed era stata retribuita. La modella ha poi intentato una causa ai danni della Dada Spa, la proprietaria e titolare del server che ha permesso la pubblicazione delle foto tanti anni dopo. (Continua dopo le foto)
Come riporta Leggo, il tribunale di Firenze però le ha dato torto: secondo i giudici non è stata fornita prova della consapevolezza, da parte del gestore, della illiceità delle pubblicazioni, obbligando così la Rossi Stuart a pagare le spese legali. “Mi sento vittima di una prevaricazione” spiega la Rossi Stuart. Che non ci sta con quanti riducono la faccenda a un semplicistico se non vuoi che le tue foto nuda finiscano sul web, non farle. Così dalle pagine di Leggo lancia un appello a tutte le donne (non solo del mondo dello spettacolo): “Uniamoci in una class action e rivendichiamo il diritto a disporre liberamente del nostro corpo e della sua rappresentazione”.