Una sera Sandra, incinta al quarto mese, ha un forte mal di testa e si reca in ospedale. Di lì a poche ore la diagnosi: ictus. La donna entra in uno stato di coma vegetativo. Cinque giorni fa i medici hanno staccato la spina. La donna è morta. E il bambino che portava in grembo?
È successo a Lisbona, in Portogallo: il 20 febbraio scorso Sandra Pedro, 37 anni, alla 17esima settimana di gravidanza, era stata portata in ospedale perché avvertiva un forte mal di testa, di lì a poco la donna entra in coma. I medici pensavano che il bimbo che portava in grembo fosse morto, poi, verificato che il suo cuoricino batteva ancora, hanno deciso di attaccare la mamma alle macchine per tenerla in vita artificialmente, almeno il tempo per salvare suo figlio.
Da quel momento, per i successivi 3 mesi e mezzo, la donna è diventata una “incubatrice vivente”: il suo organismo alimentava Lourenco, mentre medici e infermieri massaggiavano il grembo della donna e cantavano canzoncine e filastrocche al piccolo per dargli quel calore che la mamma non aveva più.
Dopo 107 giorni, il 7 giugno, Lourenco è nato tra gli applausi e le lacrime di tutto il personale dell’ospedale. Ora ha 7 mesi e non è in pericolo di vita. Qualcuno lo ha definito il “bambino del miracolo”. Purtroppo però non erano solo lacrime di gioia. Tutti sapevano che, a quel punto, avrebbero dovuto spegnere i macchinari che tenevano in vita Sandra. La donna è stata sepolta il giorno successivo. “Eravamo tutti euforici e tutti a piangere – racconta un’infermiera – Qualcosa di strano stava accadendo, era una situazione diversa da qualsiasi altra, qualcosa mai vista prima. Quella donna ha letteralmente dato la sua vita al figlio e lui ha preso la sua anima. È stato un miracolo. E noi lo sentiamo come un bambino che è un pò anche nostro”.
Il padre di Lourenco, Miguel Angelo Faria, è un operaio di 30 anni. Dovrà fare anche da madre al nascituro: “Mio figlio è riuscito a salvarsi: questo bambino sta dando un senso alla mia vita”.