Gravidanza

Cistite in gravidanza: un’infezione che può essere molto rischiosa. Ecco come riconoscerla e curarla

 

Disturbo molto frequente nella popolazione femminile, in quella in dolce attesa aumenta ancora di più. L’innata predisposizione fisiologica – data da un’uretra vicina al meato vaginale, prossima all’ano e più corta di quella maschile – durante la gravidanza viene accompagnata dal altri fattori che rischiano di far insorgere la cistite. La causa è quasi sempre batterica e l’80% delle volte il “colpevole” è l’Escherichia coli; in una minoranza di casi a provocarla può essere anche un fungo, come la Candida o un protozoo, come il Trichomonas vaginalis. Come riporta il sito Dolceattesa.it, la gestazione costituisce un periodo particolarmente a rischio di contrarre la cistite, poiché nell’organismo si verificano alcune modificazioni che aggiungono ulteriori fattori predisponenti oltre a quelli già tipicamente presenti nella donna. (Continua dopo la foto)

dentroAd esempio, c’è un fisiologico aumento del ph vaginale, che altera il microambiente locale e facilita la moltiplicazione di microrganismi normalmente presenti in vagina, che diventano più aggressivi. Inoltre, la pressione esercitata dall’utero sulla vescica favorisce un ristagno di urina al suo interno e, di conseguenza, una possibile proliferazione batterica. E ancora l’aumento del progesterone che causa un rilassamento della muscolatura di vescica, uretra e rallentando il flusso delle urine. Infine la stitichezza, cui si è maggiormente soggette nei nove mesi, facilita l’aumento di batteri intestinali che possono quindi risalire nella vescica provocando l’infezione.  (Continua dopo le foto)

dentro1 dentro2Per avere una diagnosi certa occorre sottoporsi all’analisi delle urine e all’urinocoltura. Nella maggior parte dei casi, le cistiti in gravidanza rispondono bene anche a brevi cicli di terapia antibiotica, privi di effetti collaterali significativi sia per la madre che soprattutto per il feto. Per allontanare il rischio di complicanze, considerate anche le frequenti recidive, dopo il trattamento si consiglia di eseguire un’urinocoltura almeno una volta al mese fino al termine della gravidanza. Lo stesso esame viene generalmente eseguito con finalità di screening intorno alla 16a settimana di gestazione.