Improvvisamente vi rendete conto che mentre parlate (magari esprimendovi con termini poco consoni) il vostro dolce fagottino vi fissa quasi comprendesse ciò che state dicendo? Niente di più facile! Strano ma vero: i piccoli, fin dalla tenera età sono in grado di comprendere le parole e sono dotati di un grande spirito d’associazione.
Ecco spiegato perché molto spesso i bambini di punto in bianco, tra la sorpresa generale di genitori e parenti, pronunciano delle parole sentite dagli adulti mesi e mesi prima.
Numerosi studi psicologici condotti dagli illustri medici della Pennsylvania University (USA), hanno smentito la vecchia credenza che affiancava lo sviluppo delle capacità cognitive infantili al compimento dei dodici mesi di età, affermando che già a partire dal sesto mese di vita, i piccoli geni di casa riescono a comprendere perfettamente ciò che diciamo.
Attenzione dunque a ciò che si dice e a come lo si dice quando ci sono bambini nei paraggi!
Anche se ancora non parlano, riescono perfettamente a comprendere il significato dei termini ed ogni vostra parola pronunciata costituirà un piccolo mattoncino che, insieme a tanti altre espressioni, andrà a formare il suo bagaglio lessicale.
Ancor più curioso infine, è il modo in cui gli studiosi sono riusciti a confermare tale fenomeno. In buona sostanza l’esperimento è stato condotto monitorando lo sguardo dei bambini attraverso un dispositivo elettronico che ne seguiva la direzione visiva mentre una voce amplificata pronunciava il nome di alcuni oggetti presenti nella stanza e posizionati davanti ai loro occhi ed è risultato che alla pronuncia del nome , la maggior parte degli occhietti dei piccoli ospiti volgeva proprio sull’oggetto corrispondente.
Se ciò non bastasse inoltre, secondo un’altra ricerca condotta nelle sedi americane della Hofstra University School of Medicine a Hemstead le stesse zone cerebrali utilizzate per codificare le terminologie, svolgono un ruolo importantissimo anche nella decodifica dei gesti e questa scoperta apre le frontiere a nuovi studi legati alla interconnessione che c’è tra gestualità e verbo nelle prime fasi evolutive del bambino. Gli studiosi inoltre non escludono la possibilità di riuscire a trovare un nesso tra capacità gestuali e precocità linguistiche dei neonati.
E’ proprio nella sostanziale rilevanza dei dati emersi da questi studi quindi, che va contestualizzata l’importanza d’insegnare ai bambini una seconda lingua in tenerissima età. Sembra essere proprio l’infanzia infatti, il terreno più fertile in cui seminare il raccolto più proficuo. I bambini nati e cresciuti in famiglie in cui si parlano due lingue infatti, sviluppano un’elasticità mentale sensibilmente al di sopra della media poiché le zone cerebrali dedicate allo sviluppo delle capacità cognitive, vengono sottoposte ad un allenamento intensivo garantito dal fatto di dover associare due termini diversi ad uno stesso oggetto. Il momento migliore per insegnare una lingua straniera ad un bambino ottenendo i migliori risultati in termini di apprendimento? Gli studiosi pongono la linea di confine ai 10 mesi. A partire dall’anno di età infatti, il bambino abituato a parlare un’unica lingua, perfeziona la comprensione di questa, ma va perdendo gradualmente buona parte delle sue capacità di apprendere una seconda lingua straniera.