Donna

Cancro al seno, cambio nel protocollo: ora i linfonodi non si toccano

 

Cambio di passo per la cura del cancro al seno. Aumentano le possibilità di cura ma oggi, grazie al progredire della ricerca, ci sono importanti novità che possono ridurre gli effetti negativi dell’operazione, senza mettere a rischio la salute della donna.

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In Italia è prassi, finora, lo svuotamento ascellare, vale a dire l’asportazione dei linfonodi che dal seno vanno verso le ascelle. Un trattamento preventivo che porta però ad esiti invalidanti per la donna come edema del braccio, caratteristico il braccio gonfio della donna operata di tumore al seno, e difficoltà ai movimenti dell’arto. E’ stata recentemente introdotta, nella pratica clinica, la tecnica chirurgica conservativa definita del “linfonodo sentinella“, ormai validata a livello internazionale da numerosi studi clinici: non si asportano più i linfonodi ascellari.

Questa tecnica, come spiegano gli oncologi, trova la propria giustificazione nell’osservazione del fatto che che la diffusione metastatica delle cellule tumoriali, dal focolaio primitivo ai linfonodi ascellari avviene in modo regolare e progressivo, senza salti di livello.

La negatività istologica del primo linfonodo di drenaggio che riceve il flusso linfatico proveniente dall’area della mammella interessata dalla neoplasia (il “linfonodo sentinella” appunto, identificato attraverso tecniche radioisotopiche), consente di escludere quindi, con ragionevole sicurezza, l’interessamento metastatico dell’intera catena linfonodale ascellare. Quindi è inutile lo svuotamento ascellare e si evitano alla paziente tutti gli effetti avuti finora. Solo se il linfonodo sentinella fosse positivo, indice della diffusione del tumore nella regione del seno, è ancora obbligatoria la linfoadenectomia ascellare totale.

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Un nuovo test (la biopsia liquida) per scoprire il Dna tumorale A breve parte uno studio clinico per valutare il Dna del tumore nel sangue. Anche questo test viene già eseguito negli Stati Uniti. «Sappiamo che il tumore lascia delle tracce della sua presenza nel sangue» dice il dottor Virgilio Sacchini (nel 2000 aveva lasciato Milano alla volta di New York, dove ha lavorato come chirurgo senologo al Memorial Sloan Kettering Cancer Center e come professore alla Cornell University) «Sono briciole di Dna: dosandole, seguiamo man mano la reazione del tumore durante il trattamento. E, grazie a farmaci sempre più mirati, possiamo bloccarne le eventuali mutazioni, con l’obiettivo di distruggere il cancro».