Iodio nelle mamme e intelligenza nei figli. Sembra essere questa la correlazione ipotizzata all’interno di una specifica sessione dell’ultimo Congresso Nazionale di Pediatria in svolgimento a Palermo.
Secondo quanto spiegato dal pediatria Filippo De Luca, in particolar modo, “uno studio del 2013 apparso su The Lancet ha misurato la concentrazione urinaria di iodio in 1040 donne gravide durante il primo trimestre di gestazione e valutato alcuni parametri intellettivi dei figli a 8 anni. Ne è risultato che i figli di quelle che, in occasione del controllo, avevano dimostrato una carenza iodica lieve o moderata nel primo trimestre di gestazione, avrebbero poi dimostrato all’età di 8 anni un rischio aumentato di punteggio basso nel QI per quanto riguarda le performance relative al linguaggio, alla lettura ed alla comprensione dei testi, rispetto ai coetanei di madri con livelli di iodio normali in gravidanza. Due meta-analisi hanno inoltre stimato che l’effetto di una severa carenza nei bambini possa essere responsabile di un QI più basso di circa 12-13 punti”.
Tutto bene, dunque? Non proprio. Secondo un contestuale studio condotto dall’ISS (Istituto Superiore della Sanità, i medici di famiglia non sarebbero molto preparati sulla problematica della carenza di iodio nell’alimentazione e, in particolar modo, su quella delle madri. In maniera più specifica è emerso come solamente un quarto dei medici conosca la raccomandazione del ministero della Salute sul sale iodato e la legge sulla iodoprofilassi, mentre meno su due almeno solo la raccomandazione.