L’allattamento al seno è un momento magico che unisce per sempre la mamma al suo bambino, ma a che età è giusto svezzarlo, senza nuocere alla sua salute? Esiste un massimo di età oltre il quale si fa un danno al bambino, mantenendo con lui questo legame?
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Non ci sono evidenze che l’allattamento, prolungato, portato cioè oltre l’anno di età, produca danni nel bambino. Secondo il Ministero della Salute “l’allattamento al seno di lunga durata non interferisce negativamente sulla progressione dell’autonomia del bambino e sul benessere psicologico e/o psichiatrico della madre. Risulta al contrario ben provato che l’allattamento al seno contribuisce al benessere cognitivo, emotivo, familiare e sociale del bambino”. Fino ai due anni.
Secondo la Lega del Latte un allattamento prolungato aiuta a rapportarci nei confronti dei nostri figli in una maniera più positiva. Ci aiuta a sentirci più vicine e affettuose, il che è particolarmente utile per superare le pretese irrazionali e le crisi emotive dei bambini fra gli uno e i tre anni. Abbiamo sperimentato che, quando il bambino è teso o nervoso, basta attaccarlo al seno e alla fine della poppata mamma e figlio sono entrambi più rilassati.
Sempre ammesso che il tutto vada bene oltre che al bambino, anche alla madre. Allattamento non deve significare sacrificio continuo: i momenti in cui proprio non si ha voglia esistono e sono legittimi e, nel contesto di una relazione improntata al rispetto, la mamma ha tutto il diritto di negare il seno. Se il bambino già parla e cammina, la mamma può serenamente spiegargli che in quel momento è stanca, e davvero non se la sente. Certo, anche se il bambino comprende, questo non vuol dire che accetti la situazione: a volte il piccolo accetta di fare altro, magari concordando l’alternativa con la mamma. Altre volte non lo accetta: piange, è contrariato. La mamma deve accogliere i sentimenti del bambino ed essere pronta a consolarlo in altro modo, anche quando gli sta dicendo di no.
Oltre i due anni la tetta comincia ad essere un conforto: non dovrebbe esserlo il latte, né il cibo. Ci sono dei progressi che i bambini devono fare come passare dal pannolino alla mutandina, dalla seggiola alla sedia alta, dalla tetta alla tazza per la colazione. Dall’essere “una cosa sola” con la mamma a nutrirsi da solo, in autonomia.