La data di nascita di un bambino può influenzare la sua possibilità di aver diagnosticato un disturbo di deficit di attenzione e iperattività. E’ quanto emerge da un nuovo studio pubblicato sul Medical Journal of Australia, che suggerisce come le diagnosi siano più frequenti nei bimbi più piccoli della classe. E il motivo risiederebbe nel fatto che un normale ritardo di sviluppo legato all’età può facilmente venir confuso con questa condizione.
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Caratterizzata da disattenzione, iperattività e impulsività, l’Adhd (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), sembra legata ad alcuni fattori di rischio come genetica, basso peso alla nascita, assunzione di alcol o tabacco durante la gravidanza, l’esposizione gestazionale ad alcune tossine. Tra 6 e 18 anni, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, interessa circa l’1% della popolazione. Ricercatori della Curtin University di Perth, in Australia, hanno analizzato i dati per anno e mese di nascita di 311.384 studenti, dividendoli in due gruppi di età: uno tra 6-10 anni, l’altro tra 11-15 anni.
Complessivamente 5.937 bambini, pari all’1,9%, sono risultati in cura con farmaci per il disturbo di deficit di attenzione e iperattività (2,9% maschi e 0,8 femmine). Nel gruppo di 6-10 anni, i bambini più piccoli avevano però il doppio di probabilità di ricevere farmaci rispetto a quelli più grandi. Nel gruppo 11-15 anni, l’effetto era meno pronunciato, ma ancora statisticamente significativo. “Un fisiologico ritardo di sviluppo – concludono i ricercatori – può venir mal etichettato come disturbo mentale e trattato inutilmente con farmaci”.