Storie di vita

Madre e figlia contagiate dall’epatitite C: “Sono stata io, ho infettato mia figlia”

 

“Avevo 28 anni. Sono andata in ospedale per essere operata di ulcera e sono uscita malata di epatite C. Senza saperlo: l’ho scoperto solo anni e anni dopo. Nel frattempo ho avuto la mia prima gravidanza”. Quello che è successo dopo fa rabbia. Un caso grave di malasanità.

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È il 1976 quando la fiorentina viene ricoverata per un’ulcera all’ospedale di San Giovanni di Dio. È una giovane donna, piena di progetti e speranze, primo su tutti quello di mettere su famiglia. Il lavoro ce l’ha, il fidanzato anche, si deve solo costruire il futuro. L’operazione allo stomaco va bene, ma durante il ricovero la donna viene sottoposta ad alcune trasfusioni. Tutto sembra procedere bene. E nei primi anni Ottanta, Anna rimane incinta: è il primo sogno che si avvera. «Ero anemica e anche allora furono necessarie delle trasfusioni — racconta — Il parto andò bene, tornai a casa e tutto sembrò procedere normalmente. Non avevo sintomi particolari, nessun problema».

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Ma qualche anno dopo cominciano i primi disagi. Anna è debole, ha spesso mal di testa, certi giorni non ce la fa ad alzarsi dal letto. Il suo medico le prescrive degli esami da cui emerge un dato preoccupante: i valori delle transaminasi nel sangue sono alti. Ed è la prima spia di una possibile epatite C in atto. «Il dottore mi mandò a Careggi per ulteriori accertamenti, compresa una biopsia al fegato. Fu allora che ebbi la certezza di aver contratto il virus. Mi dissero che quasi sicuramente ero stata infettata da una trasfusione». Una diagnosi che suona come una sentenza di morte. A quel punto il contagio della bimba era sicuro. Verso gli 8 anni le analisi della piccola rivelano la presenza del virus.