Gravidanza

Translucenza nucale o amniocentesi? Quale esame scegliere per la diagnosi precoce del tuo bambino

 

Durante la gravidanza, è routine fare degli esami per  diagnosticare la salute del vostro bambino e scongiurare malattie genetiche. In quel caso meglio sapere che non sapere e sarà poi la coppia a  decidere come procedere. Il problema è che alcuni esami, con esito sicuro su alcune malattie cromosomiche di vostro figlio, sono molto invasivi. Altri danno minori garanzie, ma comportano solo un prelievo di sangue. Come comportarsi? In attesa che la scienza proponga qualcosa di meglio.

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bitest

Il BI-TEST è un esame non invasivo, che si esegue in epoca più precoce (11-14^ settimana), e che consiste in un’ecografia fetale (mirata a specifici ”markers” di cromosomopatia, quali la presenza dell’osso nasale e la translucenza nucale) a cui si associa un prelievo di sangue alla mamma (dosaggio sierico di proteine di origine placentare – PAPP-A e beta-HCG). Il Bi-test non ha rischi per la salute del feto, ma non è sicuro nelle conclusioni, partendo dal rischio di base per età materna incrociato con i risultati degli esami, esprime una nuova percentuale di rischio. L’esame ecografico, la translucenza, consiste nel misurare lo spessore della plica nucale del feto, anche se spesso i casi positivi si identificano precocemente, anche alla 8 – 9 settimana. La translucenza nucale può risultare aumentata (il suo aumento è transitorio ed in genere regredisce dopo alcune settimane) in numerose condizioni come le aneuploidie (es. sindrome di Down e altre cromosomopatie), ma anche nelle sindromi e nelle malformazioni cardiache; in questo caso sarà utile far seguire alla transulcenza la villocentesi o l’amniocentesi, metodiche che possono fornire la certezza sullo stato dei cromosomi, ma che nulla dicono, almeno nella loro espressione routinaria, sulle sindromi e malformazioni fetali. E che sono più invasive.

L’amniocentesi si esegue tra la 16^ e la 18^ settimana, ed è la tecnica che risponde con certezza al quesito della presenza delle cromosomopatie, ma essendo una tecnica invasiva porta con sé dei rischi, primo fra tutti il rischio di aborto, stimato intorno a 1:200. Si esegue prelevando il liquido amniotico, prelevandolo con una siringa inserita nell’utero attraverso l’addome.

Il rischio di patologie cromosomiche e di malattie ereditarie che l’amniocentesi è in grado di individuare è proporzionale all’età della donna quindi, per questo in Italia la legge consente di eseguire gratuitamente l’amniocentesi presso le strutture pubbliche, alle donne da 35 anni in su.

In conclusione: se hai meno di 35 anni forse il bi test può bastare, se i risultati sono positivi e indicano un rischio bassissimo di malattie cromosomiche o di malformazioni fetali; se hai più di 35 anni l’amniocentesi è gratuita, meglio sempre partire col Bi test e poi prendere col partner la decisione se sottoporsi all’amniocentesi o meno.