Alimentazione

Nausea, mal di testa, rossore della pelle su viso e collo, rischio di soffocamento: i medici lo chiamano “il mal di sushi”. E scatta l’allarme…

 

Oggi mangiare sushi anche da noi non è più un problema. Anzi, i ristoranti giapponesi spuntano qua e là, e non soltanto nelle grandi città. È possibile reperire sushi e altri prodotti tipici giapponesi al supermercato o nei grandi store di cibi surgelati. E mangiarlo è diventata una vera moda che impazza ovunque in Italia. Ma attenzione alle insidie che questo fenomeno nasconde.Lo chiamano il “mal di sushi”. E fa finire al pronto soccorso sempre più persone. La scienza parla invece di sindrome sgombroide. Il concetto è lo stesso: nausea, mal di testa, rossore della pelle su viso e collo, nei casi più gravi anche edema della glottide con rischio di soffocamento. Ne può soffrire chi mangia tonno o altro pesce azzurro mal conservato. Come riporta Repubblica, i casi a Milano sono in aumento, al punto che si moltiplicano le denunce presentate alla magistratura dal Nucleo anti sofisticazioni dei carabinieri.

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Anche l’Ats, l’azienza sanitaria, lancia l’allarme. “Il sempre maggior consumo di pesce, crudo soprattutto, espone a rischi alimentari che un tempo erano marginali. I casi di sindrome sgombroide si moltiplicano, con rischi seri per soggetti particolarmente sensibili”, dice Simonetta Fracchia, direttore Igiene alimenti e nutrizione dell’Ats milanese.

L’ultimo caso finito in procura è quello di quattro medici rimasti intossicati lo scorso 29 settembre dopo avere mangiato tonno in un ristorante di via Marostica. I carabinieri del Nas hanno ispezionato il locale, rilevando irregolarità nella modalità di conservazione di “tonno e altri pesci di specie affini”. Il 6 settembre a essere visitato dagli uomini dell’Ats è stato invece un bar, che serviva tonno scottato poco fresco, che aveva causato diversi malori. Il 26 settembre è toccato a un ristorante, il 27 a due locali di cui un “all you can eat” di sushi. Altre segnalazioni sono state fatte agli ispettori dell’azienda sanitaria sanitaria il 30 settembre e il 1 ottobre.

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Nel 2015 – anno record – i casi di persone intossicate da sindrome sgombroide in città sono stati 47. Fra il 1 gennaio e il 31 agosto di quest’anno, quindi in otto mesi, i pazienti colpiti da “mal di sushi” sono stati 38. E a settembre se ne sono aggiunti almeno altre sette. “Non si può parlare di epidemia, ma senz’altro ci sono diversi focolai preoccupanti – dice la dottoressa Fracchia – chi esce a mangiare pesce dovrebbe farlo con la consapevolezza di ciò che rischia. E rivolgersi a ristoranti di cui conosce gli standard di qualità”.

Se i sintomi sono molto fastidiosi, la cura della sindrome sgombroide è semplice. “Chi resta intossicato deve prendere cortisone o altri antistaminici, e nel giro di poche ore sta bene”, dice la dottoressa Fracchia. La situazione è più complessa per le donne incinte, per cui la terapia cortisonica è fortemente sconsigliata.

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Oltre all’abitudine dei ristoranti di sushi (ma non solo) di tenere “in vetrina” i tranci di tonno già tagliati, una causa di contaminazione del pesce è il trasporto in condizioni igieniche e di freddo non ottimali. In particolare, per i carichi che arrivano dal Pacifico.