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Mamma vieta scuola alla figlia e la costringe a lavorare al mercato

Proibisce alla figlia di andare a scuola. Il dramma è cominciato nel 2012, quando la bambina arrivata in Italia dal Marocco. Due anni dopo ha dovuto dire addio alla madre perché le impediva di realizzare i suoi desideri. Una sera d’estate del 2014 è scoppiato un litigio.

Fino ad allora, come raccontato dal Corriere della Sera, la mamma aveva costretto la bambina a lavorare al mercato col suo compagno o a badare ai fratellini a casa. Questo ha convinto il giudice Chiara Riva a condannare la coppia a due anni per maltrattamenti, mentre il partner, accusato anche di lesioni, è stato condannato a quattro mesi in più. Sono state quindi accolte le richieste del pm Andrea Iolis. (Continua a leggere dopo la foto)

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Da quando la bambina è stata allontanata dalla madre la sua vita è cambiata: ora studia, ha recuperato il tempo perso e vive una vita normale con la zia. ”Ho sempre desiderato andare a scuola, perché ho voglia di imparare”, ha detto la ragazza, che adesso prenderà il diploma di traduttrice. Ha raccontato la sua storia alla polizia, spiegando che nel 2010 frequentava la quinta elementare in Italia, per poi essere rimandata in Marocco. (Continua a leggere dopo la foto)

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Nel 2012 non voleva tornare a Roma, perché non si fidava di sua madre. ”Ho ascoltato la nonna: mi ha detto che qui avrei avuto un futuro migliore”. La madre l’ha iscritta a scuola solo a inizio 2013, ma voleva che stesse a casa con i fratelli, mentre lei voleva studiare. Quell’anno è stata respinta a causa delle troppe assenze. ”Ci sono rimasta cosi male che sono stata chiusa in camera per giorni”, ricorda la ragazza, seguita dall’avvocato Benedetta Piola Caselli. (Continua a leggere dopo la foto)

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”A settembre 2013 ho cominciato la seconda media, ma ho saltato tanti mesi. Di conseguenza sono stata ancora bocciata”. Nel 2014 si aggiungono le violenze del compagno della madre, che la picchiava. Allora ha chiamato la polizia. ”Un agente voleva convincermi a tornare a casa. Ho detto che preferivo una casa famiglia, cosi potevo studiare”.

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