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Le casalinghe hanno più tempo per aiutare i figli a fare i compiti? Sara pure vero ma il risultato non è quello che pensavamo: i dati ribaltano le credenze

 

Non è quello a che molti credono ma è proprio così: i bambini che vivono con una madre che non lavora rendono meno a scuola degli altri. Lo dimostrano i test Invalsi 2015/2016 sulle competenze in lettura e matematica, che consentono di discriminare i risultati anche in base alla situazione lavorativa dei genitori. Insomma, per tutte quelle che impazziscono tra le loro mille attività arrivano però delle buone notizie: i bambini che hanno una madre realizzata dal punto di vista professionale sono anche quelli che raggiungono risultati migliori nello studio. I test analizzano ogni anno le competenze in lettura e matematica dei giovani studenti. Analizzando i punteggi medi di alcuni ragazzini che frequentano la terza media e i risultati sono stati chiari: quelli con una mamma casalinga raggiungevano risultati più bassi del 10% rispetto a quelli con una madre lavoratrice. La cosa è decisamente insolita, visto che siamo sempre stati portati a pensare che avere uno dei genitori a casa 24 ore su 24 potesse essere di grande aiuto per lo studio ma, a quanto pare, la realtà è ben diversa. (Continua dopo la foto)

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“I figli delle mamme lavoratrici sono più autonomi nello studio, sono più abituati a districarsi nelle situazioni della vita quotidiana attraverso il problem-solving e imparano meglio dagli errori”, ha spiegato Viviana Ranucci, preside dell’Istituto comprensivo Matteo Ricci di Roma. Insomma, a quanto pare rimanere a casa per prendersi cura dei figli non è la scelta ideale quando si vuole che raggiungano risultati ottimali a scuola: i piccoli si sentono molto più stimolati quando la loro mamma è una lavoratrice. (Continua dopo le foto)

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Parlando a Vanity Fair, Alessandro Prisciandaro, presidente dell’Associazione pedagogisti educatori italiani, afferma che non è questione solo di qualità del tempo trascorso insieme. “È importante anche la quantità: il tempo per vederlo crescere, seguire i suoi successi e insuccessi, le sue autonomie e le sue relazioni. Un tempo di qualità è utile per instaurare una bella relazione ma ci vuole anche la quantità per poterlo accompagnare nella sua crescita. Dire “poco ma buono” è una ipotesi spesso rassicurante ma una grande quantità del tempo se non è accompagnata dalla qualità, serve a poco”. Il motivo per cui accade una cosa simile sarebbe molto semplice: le lavoratrici sono più soddisfatte delle casalinghe e, nel momento in cui tornano a casa al termine di una giornata impegnativa, hanno voglia di passare del tempo con il proprio figlio, stimolando le sue interazioni con il mondo degli adulti, considerate alla base di solide competenze linguistiche.