Papà

Coinvolgimento e fiducia in sé stessi, il ruolo dei papà nella vita dei bambini

 

L’influenza del padre sui figli è stata negli ultimi anni oggetto di grandi cambiamenti culturali e al centro di diverse ricerche. L’ultima è uno studio osservazionale (Avon Longitudinal Study of Parents and Children) su 10.440 bambini, che vivevano in casa con entrambi i genitori all’età di 8 anni. I padri, attraverso questionari, hanno risposto a domande sul rapporto con i figli, l’atteggiamento nei loro confronti, quanto tempo hanno trascorso nella cura del bambino e in faccende domestiche, i propri sentimenti nei confronti della paternità. All’età di 9 e 11 anni, il comportamento dei bambini è stato valutato con un Questionario sui punti di forza e debolezza (SDQ), che valuta problemi di comportamento, sintomi emotivi, relazioni con coetanei, iperattività e comportamento pro-sociale.

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Il padre ha un grosso ruolo nella costruzione della autostima del bambino: il papà dovrebbe giocare con il figlio in modo costruttivo, no alla lotta fine a se stessa, mentre ben vengano i giochi che stimolano la curiosità. In questa fase poi, al bambino vanno impartite regole e educazione. Deve essere presente, autorevole ma non autoritario, e lasciare al bambino autonomia di scelta. Non deve essere un amico confidente, ma nemmeno un padre padrone. E’ nei primi anni della vita che si costruisce il rapporto di quello che sarà l’autorevolezza del padre rispetto ai figli.

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Coinvolgimento emotivo e fiducia nel proprio ruolo paterno. Su questi due aspetti i papà dovrebbero puntare per far sì che i propri figli abbiano un giusto sviluppo mentale ed emotivo. La fiducia che il padre aveva nel proprio ruolo genitoriale è risultata collegata al 28% di possibilità in meno che il bimbo avesse problemi emotivi all’età di 9 e 11 anni, mentre il coinvolgimento emotivo era associato a una riduzione del 20%. “Aspetti psicologici ed emotivi del coinvolgimento paterno sono più potenti nell’influenzare il comportamento del figlio negli anni successivi, rispetto alla quantità di tempo in cui padri sono impegnati nella loro cura”, spiegano gli autori dello studio.